Azzurre ai quarti di finale negli Europei, e già campionesse di coraggio

La nazionale maschile è fuori dai Mondiali da undici anni, ma quella femminile fa storia (nel verso giusto)

Azzurre campionesse di coraggio agli Europei. Mentre per l’ennesima volta gli Azzurri non si qualificano, le Azzurre (nonostante qualche inciampo) continuano a dare soddisfazioni. Già campionesse ai Mondiali nel 2019, ora si sono qualificate ai quarti di finale degli Europei in Svizzera. Eppure soltanto dal 2022, e solo per le giocatrici di Serie A, è stato introdotto uno stipendio: equiparato a quello dei giocatori maschi di Serie C. Si tratta della divisione meno rappresentata, meno rispettata, meno finanziata e più sottopagata. Ed è proprio da lì che arriva un messaggio di civiltà e coraggio lungamente atteso anche nella sfera maschile.
Azzurre campionesse di coraggio, Elena Linari fa storia
Per la prima volta nel calcio italiano una capitana delle Azzurre ha indossato la fascia arcobaleno, unendosi a quelle di Norvegia, Svizzera, Germania e Inghilterra. Non è la prima volta che il calcio femminile si fa sentire in questo senso. Per esempio nel 2022, quando la FIFA vietò l’uso della fascia in occasione dei Mondiali in Qatar, diverse giocatrici si colorarono capelli, unghie e trucco d’arcobaleno in segno di sostegno e protesta durante gli scorsi Europei femminili.
Quest’anno il numero delle giocatrici apertamente LB+ è sorprendente: settanta calciatrici presenti agli Europei femminili (circa il 20% del totale) hanno dichiarato la propria identità. Un segnale molto forte, se confrontato con la divisione maschile nel calcio e in sport tradizionalmente più conservatori (per esempio il tennis).
Un solo coming out nel calcio italiano maschile

Foto: Instagram
Unico caso di coming out nel calcio maschile italiano è quello del ceco Jakub Jankto, ex giocatore del Cagliari. Ci sono stati invece diversi outing, pochissime dimostrazioni di apertura e tanto dileggio pubblico. Un esempio per tutti? Mihajlović a Sanremo. All’estero va relativamente meglio. Oltre alle diverse iniziative sostenute da capitani, portieri, arbitri e giocatori alleati (per esempio Neuer o Hitzlsperger), i pochi giocatori che hanno fatto coming out recentemente (Cavallo, Martin, Daniels, Murray) hanno ricevuto sostegno dai propri colleghi.
Esperienze diverse
Al momento del suo coming out, Josh Cavallo è stato sostenuto da Piqué, Lineker, Messi e altri. Ma nonostante ciò ha ricevuto e continua a ricevere insulti e minacce dal 2021, quando giocava nell’Adelaide United. In Italia, Jankto ha detto che il calcio “è ancora un po’ omofobo”, anche se sa di aver fatto storia. Ha ricevuto “diversi ringraziamenti”, specialmente in privato, e nonostante non sia stato esente da critiche e insulti, ha dichiarato di sentirsi meglio e più serenamente “sé stesso”. Infine, non tutti hanno la fortuna di Jake Daniels, giocatore del Blackpool FC fino allo scorso 30 giugno 2025. Daniels ha dichiarato più volte di aver ricevuto “solo supporto” da quando, nel maggio 2022, fece pubblicamente coming out a soli 17 anni, evidentemente con molto più coraggio dei suoi colleghi maggiorenni.
L’indagine IPSOS
Secondo il rapporto Ipsos Pride 2023, tra l’8% e il 10% della popolazione globale è LGBTQIA+. Eppure, in ambienti maschili tipicamente omofobi e conservatori i coming out sono rarissimi. Per esempio, nel tennis maschile l’unico giocatore ATP che ha fatto coming out è Brian Vahaly nel 2017, 11 anni dopo il ritiro. Da gennaio 2025 è presidente della USTA (United States Tennis Association) dove si impegna a “creare uno spazio inclusivo dove ogni persona possa sentirsi benvenuta e ispirata”. Attualmente, il solo tennista professionista dichiaratamente gay al mondo è il brasiliano João Lucas Reis da Silva.
Alla luce di questi dati, il contrasto è netto. Nelle divisioni femminili—sia nel calcio che nel tennis—il coming out è più frequente. Diverse atlete, sia in attività (per esempio Linari, Kasatkina) che ritirate (per esempio Morace, Billie Jean King) hanno dichiarato la propria identità.
Perché tanta paura?
Passati molti anni dal primo coming out nella storia del calcio (1990, Justin Fashanu, poi morto suicida) il rischio di bullismo, discriminazione e violenza resta altissimo in questi contesti. Nel 2015 in Sudafrica, Phuti Lekoloane, ora portiere nel Tornado FC, ha subito un outing in diretta radio. Anni dopo ha ammesso che la sua carriera è stata “sabotata” dai continui attacchi ricevuti. Al momento è l’unico calciatore apertamente e coraggiosamente gay in tutto il continente africano. Possiamo riassumere con le parole di Patrice Evra, che nel 2022 disse al Parisien: “In ogni squadra, ci sono almeno due giocatori gay. Ma se fai coming out, sei finito”.
Quindi qualcosa non torna. Se globalmente le persone LGBTQIA+ sono il 9%, perché negli sport maschili continua a regnare un silenzio quasi assoluto? Forse è arrivato il momento che anche la parte maschile dello sport impari da quanto le donne hanno dimostrato ieri. Visibilità, inclusione e il coraggio di denunciare qualcosa di sbagliato non sono questioni di genere, ma di semplice civiltà.
L’esempio è contagioso
Anche se non facile, promuovere comunità inclusive prevenendo le discriminazioni è possibile. Fashanu, Cavallo, Martin, Daniels, Murray, Jankto e Lekoloane hanno dimostrato coraggio. Tra di loro, molti hanno dichiarato di aver preso ispirazione da altri atleti coraggiosi, apprezzando il supporto di alleati. Seppur pochissimi, i coming out che il calcio maschile ha visto negli ultimi anni sono la dimostrazione che non solo è possibile, ma che i modelli di riferimento servono e funzionano.
Grazie, Azzurre, campionesse di coraggio!